COSA SI INTENDE PER GENERATION MANAGEMENT?

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Il concetto di Generation Management si muove partendo dalla constatazione che sul mercato del lavoro, attualmente, sono attive 4 generazioni: la Gen Z in entrata, i Millennials, la Gen X e, in uscita, i Baby Boomers. La compresenza di un così ampio spettro generazionale porta con sé molte nuove sfide per le organizzazioni. 

Desideri e aspettative di ogni generazione sono differenti tra di loro, ed è qui che si inserisce la necessità di attuare una gestione delle generazioni a livello aziendale, il generation management, per riempire i gap che inevitabilmente si creano e attivare politiche lavorative che favoriscano la retention, quindi la permanenza e la fidelizzazione delle risorse in azienda, e minimizzino i rischi di abbandono (resignation) o di carenza da parte dei profili professionali necessari al successo dell’azienda (talent shortage).

Il punto centrale è, quindi, la percezione da parte delle risorse umane, membri di varie generazioni, del proprio ruolo all’interno del contesto aziendale e della valorizzazione delle proprie abilità.

Il contesto sociale e i fenomeni già elencati che si sono ampiamente diffusi soprattutto nel periodo post pandemico hanno innescato reazioni e sentimenti contrastanti nei lavoratori. Evidenza di ciò, è il forte disallineamento tra le aspettative dei più giovani e le risposte delle organizzazioni, in maniera (ovviamente) più diffusa rispetto alle generazioni senior.

In questo modo diventa centrale la questione dell’engagement a livello aziendale: tra la Gen Z e i Millennials si riscontrano basse percentuali di coloro che si sentono pienamente inclusi e valorizzati all’interno di un’organizzazione, a causa della percezione diffusa di non avere le stesse possibilità di carriera degli altri e la mancata valorizzazione dei punti di forza. 

Nel 2023 non si tratta più, quindi, di gestire “soltanto” le diversità tradizionali, ma c’è una necessità di considerare talenti e passioni e carattere delle risorse a tutto tondo. 

Le caratteristiche delle 4 generazioni – Campione: 1000 rispondenti
Fonte: Osservatori Digital Innovation – Politecnico di Milano (www.osservatori.net) & Doxa

COME GESTIRE QUESTI FATTORI E FAVORIRE IL GENERATION MANAGEMENT? 

L’HR tech offre oggi molte soluzioni di gestione digitali e innovative, come TS HR All-in-One: strumenti che apportano notevoli benefici per la direzione HR tenendo in considerazione l’esperienza offerta ai lavoratori, in abbinamento ad azioni di change management, rivolte in particolare alle generazioni senior per facilitarne l’avvicinamento ai sistemi digitali.

UNA PANORAMICA SULLE CARATTERISTICHE DI OGNI GENERAZIONE

  • Gen Z (nati tra il 1996 e il 2015)

Il gruppo più giovane, che sta facendo il suo ingresso nel mondo del lavoro in questi ultimi anni, si trova già completamente immerso in quei fenomeni sociali come la Great Resignation e il Quiet Quitting, di cui abbiamo già parlato nel nostro whitepaper dedicato ai Trend HR.

In percentuale, sono il 41% gli intenders della Gen Z, ovvero coloro che hanno intenzione di rassegnare le dimissioni, contro il 33% di stayers, coloro che rimangono, e 26% di resignators, coloro che abbandonano l’incarico lavorativo. Inoltre, tra gli zoomers i quiet quitters sono circa il 30%.

Le cause di questi dati con trend negativo affondano le loro radici nell’insoddisfazione generale a proposito del trattamento economico offerto e delle (limitate) opportunità di crescita o carriera nell’organizzazione, che si vanno ad aggiungere alla tematica dello spostamento e della distanza casa-lavoro e a quella del benessere in azienda e fuori, grazie a benefit e servizi.

Ad ogni modo, i più giovani sono i lavoratori che si sentono più valorizzati e inclusi nell’organizzazione, anche grazie al supporto di strumenti digitali per loro “nativi digitali”.

*Dati tratti da Osservatorio HR Innovation Practice, Generation Management: desideri e aspettative delle generazioni a confronto, Ricerca 2022-2023

  • Millennials (nati tra il 1981 e il 1995)

A differenza degli zoomers, i loro colleghi più “anziani” sono coloro che si sentono meno inclusi nel contesto organizzativo.

Una generazione che ha vissuto l’entrata nell’universo digitale in tutti i suoi step fin dall’infanzia e ne ha sempre abbracciato tutti i vantaggi e le innovazioni: i Millennials sono infatti una generazione focalizzata sulla ricerca di maggior flessibilità, soprattutto oraria, e per cui il supporto al benessere diventa un elemento essenziale. 

D’altro canto, i Millennials vivono un disallineamento rispetto alle aspettative di carriera e percepiscono disparità rispetto alle opportunità di crescita e carriera offerte dalle organizzazioni, non sentendosi valorizzati nei loro talenti.

  • Gen X (nati tra il 1961 e il 1980)

Stakanovista e ossessionata dalla propria carriera, la Gen X ha un’alta percentuale di fidelizzazione verso l’azienda e una bassa percentuale di quiet quitters: questo però non è un  fattore determinato dalla motivazione o dal coinvolgimento offerto ai lavoratori dall’organizzazione.

  • Baby Boomers (nati tra il 1945 e il 1960)

Nati e cresciuti in un periodo di boom economico, anche dal punto di vista lavorativo hanno minori fattori di insoddisfazione rispetto alle altre generazioni: riscontrano un certo benessere aziendale, si percepiscono inclusi e valorizzati nell’organizzazione.

Questi alti tassi di engagement favoriscono la loro fedeltà e fidelizzazione all’azienda negli anni. Ormai prossimi al pensionamento ma ancora attivi, il principale elemento di stress per i baby boomers è la digitalizzazione: il cambiamento di modalità operative porta con sé complessità che necessitano di upskilling e reskilling di una generazione passiva rispetto alle nuove tecnologie.  

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